venerdì 25 marzo 2016

Almeno stasera, meglio il Colosseo dei culi di Bonolis


Mi succede da 27 anni, dal primo anno che ho vissuto la Pasqua in Italia. Per quanto l'età (avanzata, ahimè) porti a vedere le cose in maniera meno rigida, diciamo pure meno ortodossa, non posso fare a meno di ricordare il modo in cui la Settimana Santa veniva vissuta e sentita in una Spagna che, per convinzione o per tradizione (o viceversa), seguiva rispettosamente il percorso di Gesù da Gerusalemme fino al Golgota, e poi al Sepolcro e, infine, alla Gloria.
Ho ancora un ricordo nitido di quei giorni che iniziavano la Domenica delle Palme. Nella mia città, a Palencia, ogni confraternita organizzava ciascuna delle processioni che sfilavano durante la settimana in modo solenne per le vie del centro. Si cominciava, appunto, con quella della Borriquilla, dell'asinello in groppa al quale, secondo la tradizione biblica, Gesù varcò le porte di Gerusalemme.


Quella processione era organizzata dalla Cofradia del Santo Sepolcro, alla quale apparteneva mio padre, la veste bianca con una croce rossa stampata sul cuore ed altre quattro, più piccole, in ogni quadrante. La croce di Gerusalemme che, secondo gli storici, fu lo scudo del nuovo regno fondato in Terra Santa ai tempi della prima crociata, nel 1099. I guanti bianchi reggevano da una parte un bastone dello stesso colore e, dall'altra, un'enorme palma. In mezzo al corteo, il "paso de la Borriquilla", la carrozza con l'immagine di Gesù in groppa all'asinello, spinto dall'interno da un gruppo di uomini. Era l'unica processione in cui si sfilava a volto scoperto.


Il lunedì e il martedì santo trascorrevano normalmente. Era il mercoledì quando una nuova processione annunciava l'avvicinarsi dei giorni più importanti della settimana. I membri delle confraternite sfilavano per la città con la testa coperta da un alto cappuccio a cono, un drappo mascherava il loro volto. Accompagnavano l'immagine del Gesù di Medinaceli che, personalmente, mi faceva una certa impressione da bambino, da quanto era brutta la scultura. Anche se questo, naturalmente, era meglio non dirlo.


Il Giovedì Santo era il primo vero giorno in cui la Passione imponeva un certo rispetto, nei comportamenti e nelle abitudini. C'erano due processioni, una la mattina l'altra nel tardo pomeriggio. Si partecipava alla Messa della lavanda dei piedi. Ci si raccoglieva in casa, la sera, con mestizia. La televisione (ai tempi i due soli canali di Stato che avevamo in Spagna) moderava il palinsesto. Un'amichevole Italia-Spagna di calcio, a quei tempi, sarebbe stato impensabile.


Processioni più intense il giorno del Venerdì Santo, la mattina e la sera. Si visitavano i cosiddetti "sette altari" in altrettante chiese diverse, per ricordare le sette tappe percorse da Gesù dall'arresto nell'orto degli ulivi fino al sepolcro. La tavola era più parca, di carne nemmeno il profumo. In tv si vedevano dei film a tema (sempre gli stessi) ed era sconveniente ascoltare della musica che non fosse classica. Ci fu una modesta svolta con Jesus Christ Superstar: l'argomento era quello, ma, almeno, cambiava il ritmo. L'atmosfera invitava, volutamente, alla riflessione sul significato di quella giornata e a dare un senso alla Pasqua.
Un'atmosfera che si manteneva il sabato fino alla Veglia Pasquale e alla processione della mattina dopo, in cui tornava l'aria di festa in città. Non ricordo che parenti e amici si telefonassero per gli auguri (era una tradizione più propria del Natale). Non ricordo pranzi particolari, né ristoranti pieni. E nemmeno colombe o uova di Pasqua, arrivate con la globalizzazione dei consumi e la banalizzazione delle feste. Ricordo un enorme rispetto per quello che significava quel periodo e, nelle persone, l'intenzione (almeno quella) di dare alla Pasqua un senso per quello che veramente è, di non limitarla ad un lungo fine settimana di vacanza. Ricordo la normalità di partecipare ai riti della Settimana Santa, senza pregiudizi.


Con il tempo, le cose sono cambiate. Ma ammetto che, dovendo restare a casa, ai culi e le tette di Ciao Darwin la sera di un Venerdì Santo in tv, preferisco ancora la Via Crucis al Colosseo: per quanto vetusta e noiosa nei modi mi sembra più carica di contenuto.

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