Sono passati poco più di due mesi da quando la Spagna si è scoperta politicamente troppo simile all'Italia. La doppia sberla che, alle elezioni del 20 dicembre, l'elettorato ha propinato al Potere sulla guancia destra (al premier popolare in carica, Mariano Rajoy) e su quella sinistra (all'aspirante premier del Psoe, Pedro Sanchez), non è bastata a dare lo scossone che quella nazione, osannata in tutta l'Europa come modello di risanamento, si aspettava.
In questi due mesi e passa, Madrid (aspirante ad avere finalmente quel ruolo in Europa che -chi sa perché- non ha mai avuto) si è ricoperta di ridicolo.
Il Partito popolare, erede del franchismo (con la "effe" minuscola per rispettare la statura del dittatore, che non arrivava al metro e una spanna), aveva vinto le elezioni con una differenza rispetto all'avversario corta quanto le gambe del Caudillo. Era mancata, però, la maggioranza assoluta.
Re Felipe, per cortesia-barra-dovere istituzionale, ha provato a dare a Rajoy, galiziano come Franco (mentore del mentore - Manuel Fraga - del suo mentore - José Maria Aznar), l'incarico di formare un governo. Non ne è stato capace. Ha scaricato la responsabilità sull'avversario. Il quale, ovviamente, nemmeno ce la farà.
Rajoy è un palese incompetente. Ve ne racconto un paio sul suo conto.
A marzo del 2004 era vicepresidente del Consiglio, braccio destro di Aznar. Erano passati due giorni dal'attentato alle stazioni di Madrid. Il Governo spagnolo ( di cui, ripeto, era vicepresidente) aveva imposto alle ambasciate spagnole di tutto il mondo di raccontare ai media una sola versione: la responsabilità di quel massacro costato la vita a 200 persone,doveva essere soltanto dell'Eta, la banda terroristica basca che, nel frattempo, si era dissociata dalla strage. Mai si doveva attribuire l'attentato al terrorismo islamico. Se non ché, col passare delle ore, l'evidenza ha vinto sulla menzogna: quelle bombe erano la risposta all'intervento in Iraq deciso alle Azzorre dal presidente americano George Bush, dal premier inglese Tony Blair e da quello spagnolo, José Maria Aznar. 48 ore di palle raccontate davanti alle tv di tutto il mondo non hanno convinto migliaia di persone che, la sera prima delle elezioni, hanno manifestato davanti alla sede madrilena del Partito popolare, in via Genova, pretendendo la verità. Rajoy, guardando da una finestra della sua tana (per non dire del bagno in cui, probabilmente, è andato a fare un urgente quanto improvviso bisogno), ha chiesto alla Polizia, in qualità di vicepresidente del governo, di intervenire "per sciogliere una manifestazione non autorizzata". Mannaggia, però: la Polizia si è schierata insieme ai manifestanti.
Il giorno dopo, con Rajoy candidato per l'opportuna quanto vigliacca rinuncia di Aznar, il socialista Zapatero ha vinto le elezioni. Troppo facile? Mah, quattro anni dopo lo ha battuto ancora. Fino a quando, in piena crisi provocata non certo dalla congiuntura spagnola (siamo nel 2011, con il mondo intero nella merda), nel grande scontento generale, la spunta.
Vi ho detto che ne avrei raccontate un paio. L'altra la lascio giudicare a voi in un video che, spero, venga caricato sul blog (devo ancora prenderci la mano). Siamo in campagna elettorale, in un talk show. I Popolari si portano tra il pubblico una loro addetta, con una domanda preparata a tavolino. Rajoy, davanti alla domanda, e preso dal panico, dice di non capire la sua calligrafia e, quindi, di non avere capito cosa deve dire. Poi si arrangia come può. Per chi capisce lo spagnolo....
https://www.youtube.com/watch?v=mEAiYBIr5wE&noredirect=1
Pedro Sanchez non lo giudico perché non ha mai governato.
Pablo Iglesias, il Grillo spagnolo, spero di non doverlo giudicare. Sarei piuttosto violento. Con questo ho detto tutto.
Ah, dimenticavo: Cosa vuol dire "prismatico"? Un post alla volta.
Con Dios.

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