martedì 29 marzo 2016
L'Egitto, Regeni e l'idiota
Ai miei tempi una madre riconosceva il proprio figlio dallo sguardo. Gli penetrava dentro, capiva al volo, con un'occhiata di sfuggita, sempre discreta, se aveva un problema, se era felice, se si era appena fatto una ragazza o se la "tipa" l'aveva mollato. Paola Regeni è andata oltre: è stata in grado di riconoscere il suo Giulio, sparito a fine gennaio in Egitto e ricomparso cadavere ai primi di febbraio, da un particolare che solo una madre potrebbe avvertire: la punta del naso. Tanto era rimasto del figlio, tanto è bastato alla signora Paola, per poter dire, senza ombra di dubbio, che quel corpo massacrato da ancora non si sa chi, era del suo Giulio. Una madre non sbaglia mai.
Neanche quando le autorità (in)competenti che fanno finta di indagare sull'omicidio del giovane ricercatore italiano cercano di prenderla per quel posto dove i cetrioli diventano amari.
Come ai tempi in cui Berlusconi si inchinava davanti a Gheddafi, quando il dittatore libico arrivava in Italia con l'aria di chi diceva "qui comando io e questa è casa mia". Così l'attuale governo di Matteo Renzi cerca di evitare conflitti diplomatici (meglio sarebbe dire economici) con il governo del Cairo. Mi viene in mente la telefonata di un comico spagnolo, Miguel Gila, alla moglie. Mentre componeva il numero, diceva: "Adesso mi sente, vedrai se non la metto a posto io...". Appena quella là alzava la cornetta, lui ripiegava in un inconfondibile: "Sì, sì, sì...no è che...sì sì sì... va bene, come vuoi tu...però...sappi che..sì, sì, sì...".
Il governo italiano non ha ancora una verità da raccontare alla signora Paola. Perché non l'ha mai chiesta all'Egitto come la chiederebbe la signora Paola: con tutte le conseguenze. Comprese quelle che comporterebbero un mancato introito alle nostre agenzie di viaggio che, mese dopo mese, rimpinguano le proprie casse mandando orde di turisti a prendere il sole sul mar Rosso o a sedersi sotto l'ombra delle piramidi.
Tre anni fa sono stato a Luxor, a un convegno voluto dalle agenzie italiane e dal governo egiziano per far dire a noi giornalisti quanto fossero sicure le destinazioni turistiche nel Paese africano. L'allora ministro (in)competente in materia, Hesam Zazou (stesso cognome dell'uccello maggiordomo del Re Leone, ma sarà una coincidenza), a cui tutti chiamavano rispettosamente "sua eccellenza", giurava e spergiurava sul fatto che viaggiare in Egitto non era mai stato così sicuro. Tre anni dopo continua a ripeterlo, mentre promette che i responsabili della morte di Giulio saranno puniti. Quali responsabili, Zazou, se il tuo governo non è nemmeno in grado (o non vuole) identificarli?
Che aspetta Renzi a tagliare la corda con l'Egitto finché non verrà garantita una "verità vera" a una madre italiana?
Che aspetta l'Egitto a non sputtanare in questo modo Zazou se fa imbarcare un ragazzo sulla propria compagnia aerea con addosso una cintura esplosiva? Il Cairo pensa di cavarsela facendo dire a un suo funzionario che il dirottatore di un aereo carico di civili non è un terrorista ma soltanto un idiota? Il presidente Al Sisi (si...si...si...) crede che con un'affermazione del genere siamo tutti più tranquilli? E' meno idiota questo 27enne che voleva incontrare l'ex moglie rispetto ad altri imbecilli che, col cervello bevuto, hanno massacrato ragazzini in un campus universitario? L'Egitto sta tornando al linguaggio dei geroglifici per complicarci la vita? E, ultima (ma non ultima) domanda: per quanto tempo ancora l'Italia si presterà a giocare a questo inquietante quiz?
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