L'Isis muove un'altra pedina e fa un nuovo pesante scacco al Re Occidente, mangiandosi altre pedine e avvicinandosi sempre di più alla zona in cui il grande monarca del benessere potrebbe fare la fine del topo.
L'attacco di oggi a Bruxelles è increscioso. Ma - scusate il francesismo, visto che in Belgio il francese si parla - fa incazzare per la sua prevedibilità. E per la facilità con cui questi terroristi riescono a compiere dei gesti estremamente simbolici (oltreché terribili) senza che l'onnipotenza di cui l'Occidente non manca di vantarsi appena ne ha occasione sia capace di evitarlo. L'Isis cavalca verso lo scacco matto in una partita che l'avversario non sa come giocare.
Ho sentito nelle lunghe maratone televisive di oggi diverse ipotesi, riguardo la strage di oggi. Le due più convincenti, a mio avviso, sono queste. Che gli attentati di oggi siano una risposta all'arresto, avvenuto appena tre giorni fa proprio a Bruxelles, di Salah Abdeslam (non entro nei particolari, tutti sappiamo chi è questo bastardo) o che Salah si sia, in qualche modo, sacrificato, per permettere ai suoi complici di portare a termine quello che, insieme, avevano già in programma. Resto con la seconda di queste ipotesi.
Non fatico ad immaginare questo 26enne, francese di origine marocchina nato a Bruxelles e con passaporto belga, mentre si ribalta dalle risate nella sua cella di isolamento, nel carcere di Bruges. Non più tardi di ieri aveva detto: "Non vedevo l'ora, non ne potevo più". La sua cattura aveva fatto trarre un sospiro di sollievo, quasi fosse finita la caccia al terrorista. E invece, ecco che 72 ore dopo i suoi compari portano a termine quello che le stesse autorità belghe già sapevano. E lo sapevano perché Salah in persona gliel'aveva detto: "C'era in programma un grande attentato a Bruxelles". C'era. C'è stato. Ma tutti erano impegnati a festeggiare la Grande Cattura. A vantarsi dell'Impeccabile Operazione. Inconsapevoli che, da lì a tre giorni (pazzesca la simbologia con la Pasqua cristiana proprio in questi giorni) il terrore sarebbe risorto. E l'intelligence (sarà ora di cambiarle il nome) l'avrebbe presa in quel posto, dove finisce la schiena.
L'Europa è una realtà solo nelle buste paga di chi frequenta i palazzi di Bruxelles e di Strasburgo, anche di quelli che sputano sul piatto da cui lautamente mangiano. Nelle note spese dei capi di Stato e di Governo che, sempre più frequentemente, organizzano fasti vertici per dire che "bisogna fare" ma non per decidere "da oggi faremo". L'Europa si è spaccata sul fenomeno dell'immigrazione, non è in grado di avviare un sistema credibile che garantisca la nostra sicurezza, non ci dà nemmeno un'identità comune, perché ognuno pensa e agisce da sé. Mogherini piangeva oggi per questo? Io sì.
Il concetto di un'Europa assente si potrebbe allargare ancora. Sono spagnolo, quindi comunitario, in Italia da quasi 28 anni. Pago le tasse qui dal primo giorno. Ma non ho diritto di voto perché, appunto, sono spagnolo. Madrid mi fa avere un certificato elettorale per votare per posta ma non mi manda le schede delle singole liste da inserire nella busta e da spedire al mio seggio. Quindi non posso votare nemmeno là. Mi posso definire, elettoralmente parlando, un "apolide". Al di là delle battute, mi viene negato il diritto a scegliere chi può decidere per me. Ho diritto alla cittadinanza italiana ma devo rinunciare alla mia perché, con la Spagna, l'Italia non ha un accordo che permetta di avere la doppia nazionalità, come succede con altri Paesi dell'Ue (Francia e Portogallo, per citarne un paio). La carta d'identità è obbligatoria ma devo andare in Spagna a rinnovarla: i consolati fanno solo passaporti. In più, lo Stato che mi costringe a farlo non mi paga le spese. Basterebbe che mi obbligasse ad andare al consolato di Milano: il biglietto del treno lo pagherei di tasca mia. Ma non si può, devo prenotarmi un aereo e andare nella mia città di origine e sprecare almeno due giorni per una pratica di 20 minuti. Sperando di non saltare in aria grazie all'intelligence... Io, illuso, ascoltando i Grandi Discorsi dei politici di turno, speravo nella carta d'identità europea. Ma è un'identità che mi viene chiesta a parole, senza concretizzarla in una carta.
L'Europa di oggi è fatta di singole facce di circostanza, non di un dolore comune. Hanno colpito il Belgio, come già fatto in Francia, in Spagna, nel Regno Unito... E' sempre la casa degli altri, checché ne abbia detto oggi Matteo Renzi in diretta a reti unificate, con la cravatta scura e il gesto rassicurante di chi ti vuol vendere una verità in cui nemmeno lui stesso crede: "Li sconfiggeremo ma servirà tutto il nostro coraggio", ha detto oggi a Palazzo Chigi. Ma il coraggio di chi? Dei singoli? "Non è il tempo degli sciacalli e neanche delle colombe", ha proseguito. E' il tempo di chi, presidente? Poi, il clou: "I cittadini europei devono sentirsi parte di un'unica comunità". Ma ci date una mano o no? Anche con una carta d'identità...
L'Europa non esiste se non nei bilanci che gravano sui singoli Stati. Se c'è, batta un colpo. Per i suoi cittadini "comuni", non solo per i pochi privilegiati. E con fatti concreti, non con le solite frasi fatte, vecchie come Matusalemme, il cui nome ebraico significa: "La morte porterà giudizio". Appunto.





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